I riferimenti africani: poliritmo e polimetria

In Monk sono evidenti le radici più profonde della musica africana inserite in una dimensione fortemente innovativa che lo rendono ancora oggi un autore imprescindibile per ogni musicista non solo jazz. Proprio la musica di Monk sarà un’ottima chiave di lettura del jazz aiutandoci a capire le connessioni con l’Africa e le innovazioni africane in terra americana.
Partiamo quindi dal ritmo introducendo due concetti complessi che stanno alla base della musica africana la poliritmia e la polimetria.
Poliritmia
 è l’esecuzione simultanea di più ritmi. Ad esempio un ritmo in tre su uno in quattro. Una battuta musicale ha infatti una precisa durata temporale che può essere suddivisa in parti diverse pur mantenendo la stessa lunghezza. La difficoltà consiste nell’esecuzione contemporanea di queste scansioni.

Ad esempio in Epistrophy la sezione ritmica (basso e batteria) suona una battuta di 4/4 secondo una suddivisione  in tre mentre i fiati continuano a suonare in 4/4.

La polimetria è invece l’utilizzo di metri diversi durante l’andamento della melodia. Ad esempio una battuta in 4/4 viene seguita da una in 3/4 poi da una in 5/4 per tornare in 4/4 ecc. ecc. L’effetto è appunto quello di spostare gli accenti in posizioni diverse da quelle consuete ad esempio dal battere di ogni battuta realizzando così un continuo effetto di alternanza di tensione e relax.

Le composizioni di Monk utilizzano spesso questo andamento polimetrico pur in presenza di un rigoroso tempo in 4/4.

Esempio:
Ba-lue’s Bolivar  Ba-lue-es are
Le ultime quattro battute del tema, cioè gli ultimi 16 battiti, sono suddivise secondo una scansione 3+3+2 e 3+3+2 invece che 4+4+4+4.

In Walked bud
L’inizio del bridge ripropone lo stesso artificio polimetrico 3+3+2

Blue Monk
Le ultime 3 battute, cioè 12 battiti, sono suddivise in 5+5+2 invece di 4+4+4.

Monk ha scritto circa 70 composizioni  (tra quelle pubblicate e note), tutte in 4/4 ad eccezione di Ugly beauty (scritta in 4/4 e trasformata poi in 3/4). Questa apparente limitazione metrica è in realtà da attribuirsi solo alla necessità di semplificare la scrittura secondo il sistema di notazione convenzionale. Come già visto infatti Monk gioca spesso con i metri ritmici per creare varietà di accenti. L’effetto è ancor più evidente se la scansione polimetrica è sovrapposta ad un scansione regolare in 4/4. In questo modo Monk accentua ancor di più l’artificio ritmico (di derivazione africana) creando una sorta di “dissonanza ritmica”.