Ricordo di Chick Corea

Ci ha lasciato all’età di 79 anni il grande pianista e compositore Chick Corea.

Addio a Chick Corea. La leggenda del jazz è morto all’età di 79 anni a causa di una rara forma di cancro che era stata solo di recente scoperta. Ecco il suo ultimo messaggio: “Voglio ringraziare tutti coloro che durante il mio viaggio mi hanno aiutato. Mi auguro che coloro che hanno sentore di poter scrivere, suonare e fare performance lo facciano. Se non lo fate per voi stessi almeno fatelo per noi. Il mondo non solo ha bisogno di più artisti, è anche molto divertente” Dagli amici musicisti si è invece congedato dicendo: “è stata una benedizione e un onore imparare e suonare con tutti voi. La mia missione è sempre stata quella di portare la gioia del creare ovunque ho potuto, e averlo potuto fare con tutti gli artisti che ammiro è stata la ricchezza della mia vita”. 

Ecco un ricordo di Chick Corea di Claudio Angeleri

In lui si fonde il pianista dal tocco netto e cristallino con il compositore di talento capace di rendere personale ogni avventura iniziasse. Era un vulcano di idee e questa sua prolificità derivava da una completa identificazione con la musica e il pianoforte. Suonava e studiava ore e ore al giorno, al punto che ci si chiedeva dove trovasse il tempo anche solo per pensare i tantissimi progetti che sviluppava contemporaneamente durante tour lunghissimi in tutto il mondo.
Inaspettatamente usciva un nuovo disco per l’ultima creatura, la Spanish Heart band, o il trio con McBride e Blade o il piano solo o un duetto che si aggiungeva alla lunga lista di dialoghi a due: Hancock, McFerrin, Burton, Bela Fleck, Hiromi, Bollani, Kujala, Nicolas Economu, Gulda, Stanley Clarke.
Ogni volta era impeccabile, concentrato, fresco e personale.
Ho chiacchierato con lui una decina di volte e ho sempre avuto di fronte una persona mite, di buon umore, disponibile. Era il suo modo di essere protagonista e antidivo al tempo stesso. Ricordava tra le prove più difficili il concerto di Mozart con Jarrett per due pianoforti e orchestra per il quale aveva studiato mesi e mesi.
Era un modo per sfidare sé stesso ancor prima che il repertorio classico. Lui che aveva studiato anche nei templi della musica classica senza peraltro concludere gli studi. Quel mondo stava stretto al suo talento e alla sua curiosità per la musica tutta, acustica ed elettrica, sperimentale e legata alla tradizione jazz e ai suoi grandi riferimenti di sempre: Monk, Powell, Horace Silver e anche un inaspettato Bill Evans.
Le sue origini geografiche e culturali tra Italia, Spagna e Stati Uniti mi hanno fatto sempre pensare a lui ad un musicista nero.
Lo avrei pensato idealmente a fianco di Coltrane dopo l’uscita di Tyner. E il disco in quartetto con John Gilmore, Pete La Roca e Walter Booker del 1967 – Turkish woman at the bath – conferma la logica e i riferimenti al famoso quartetto. Anche i Three quartets con Brecker, Gadd e Gomez, di vent’anni dopo, si riallacciano al modello coltraniano, con il valore aggiunto della penna di Corea. Così come il fraseggio tra modale, tonale, e talvolta atonale, esploso con Now he sings, Now he sobs: una pietra miliare del jazz. Quasi contemporamente però ci regalava anche i Children songs, i due volumi di improvvisazioni per piano, il Circle con Braxton, Arc con Altschul e Holland.

Musica più bianca, europea, vicina alle esperienze seriali. E allora non era né bianca né nera: era semplicemente di Chick Corea. Sicuramente l’esperienza con Miles Davis fu, come per tutti gli altri collaboratori, cruciale. Filles de Kilimanjaro, In a silent way, Bitches Brew furono una bella sberla per tutto il mondo del jazz. L’ennesima rivoluzione di Miles. È da lì parti il Return to forever e la successiva evoluzione dell’Electric band.
Mi ha fatto appassionare al piano Fender Rhodes con quel suono vellutato e leggermente distorto che ho scoperto nel famoso “disco col gabbiano”. Ma lui aveva sempre un suono personale che dipendeva ovviamente dal suo tocco straordinario ma anche da una modifica alla tastiera del Rhodes. Lo scoprii grazie al tecnico della Casale Bauer di Bologna a cui, come tanti pianisti degli anni Settanta, avevamo affidato i nostri Mark I. Lui era in contatto con i colleghi americani che, su suggerimento di Corea, Hancock, George Duke, avevano cambiato inclinazione alla tastiera avvicinandola ai diapason e stretto leggermente i pick up. L’action diventava più agile e il suono più aggressivo. Il piano così ce l’avevamo uguale, ma non il suo fraseggio straordinario.
Ci sarebbero tantissime cose di Corea da ricordare ma una riflessione non può mancare sulla composizione di cui era un veramente un maestro. Ha scritto tantissima musica e sempre centrata e originale. Personalmente sono legato ad alcune composizioni tra le tantissime che ritengo di una bellezza straordinaria in cui si fondono melodia, ritmo, soluzioni armoniche, arrangiamento, improvvisazione. Sono Windows, Bud Powell, tutti i movimenti di Three quartets (per me un capolavoro assoluto del jazz), Humpty Dumpty, Matrix, e sul versante latino Spain, La Fiesta, Armando’s rumba
Proprio per la sua natura prevalentemente autodidattica, Chick Corea era un ottimo insegnante. Era molto pratico e istintivo ma anche attento agli aspetti artistici e di dialogo tra i musicisti. Il suo primo workshop su VHS accompagnato da un librettino l’ho comprato immediatamente appena uscito con esempi di Cole Porter – Easy to Love – Bach (in cui finge di sbagliare, ma poi fingeva davvero?) Giant Steps e altro suonato con John Patitucci e Tom Brechtlein. C’è poi il famoso workshop on Line di diverse lezioni insieme a Stanley Clarke, Carlitos del Puerto, Marcus Gilmore (nipote di Roy Haynes) e soprattutto i suoi incontri giornalieri durante il lockdown in cui studia e parla di musica. Eccolo qui quando racconta il suo primo incontro a un concerto (da spettatore) nel 1959 l’anno di Kind of Blue – con il gruppo di Miles con Coltrane, Chambers, Cobb, Evans.

Claudio Angeleri

 

 

2 pensieri su “Ricordo di Chick Corea

  1. Grazie Claudio, ci hai offerto tanti altri spunti per approfondire il lavoro di Corea (le mie conoscenze sono molto più circoscritte); un modo per continuare a beneficiare della felicità ed intelligenza che trasmetteva.
    Moreno

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